La mia storia
Ho cominciato a dipingere all’inizio degli anni novanta. Ho iniziato come illustratrice botanica e naturalistica, in quegli anni camminavo moltissimo per campi e boschi ed ero colpita dalla bellezza di ciò che vedevo, fiori, insetti, piante, alberi. Ho iniziato a studiarli e poi a dipingerli, perché disegnandoli scoprivo particolari, armonie, sfumature che altrimenti mi sfuggivano. Li portavo nella mia casa, che da allora è diventata anche il mio studio, nella mia piccolissima camera con due finestre che regalano una luce particolare, affacciate su una bella valle verde e piena di uccelli. Dopo qualche anno, dopo essere diventata proprio brava e quando molte cose sono cambiate nella mia vita, senza quasi rendermene conto e non potendoci fare niente ho abbandonato d’improvviso il bel mondo colorato e molto rassicurante delle piante e dei fiori.
E’ cominciata una ricerca molto diversa: sono nate, direi per loro stessa volontà, figure, personaggi, immagini che sono diventate sempre più indefinite, tutto un mondo che non sapevo di avere. Se prima era la bellezza meravigliosa e inesauribile del mondo naturale a farmi dipingere, ed era anche un grandissimo piacere, adesso non c’è niente di visibile e cosciente che mi spinge a prendere i colori. E’ un movimento diverso, né rilassante né gratificante, più incerto e incontrollabile, basato solo su sensibilità e l’intuizione; correndo ogni volta il rischio di non trovare né l’una né l’altra e di perdere la possibilità di fare immagini nuove. Qualche volta ho provato a rifare cose già fatte e gratificanti, inutilmente; tecniche e segni che mi erano piaciuti non potevo più ripeterli e per questo ho cambiato tante volte, uso molte tecniche e faccio immagini molto dIverse. A volte sto ferma per settimane ma c’è sempre la speranza che di nuovo la mano riprenderà i colori e farà nascere segni che saranno spesso insoddisfacenti, ma necessari. Però quando qualcosa mi corrisponde, quando c’è un’immagine che mi sorprende tanto da non sembrarmi mia, è una sensazione magari effimera ma bellissima .
Una parte delle opere è figurativa, racconto di immagini, persone, il percorso di una vita, negli ultimi anni meno frequente, e mi dispiace perché mi piaceva molto. L’altra è una ricerca più informale, più rischiosa e difficile, meno gratificante. Comincio da un segno, o un accordo di colori che mi girano nella mente, magari per un filo di pensiero, una immagine che ho visto, una storia vissuta o sentita. A volte sono lavori che si fanno da soli, li comincio e in breve tempo sono finiti e non c’è da farci più niente. Altri hanno una architettura generale ma poi continuo a lavorarci, fino a non avere più nulla della stesura originale, come se continuassero a crescere e cambiare. Stanno fermi a lungo, poi li guardo ed è come se ci vedessi forme e colori da mettere o levare, fino a quando arriva un momento in cui il lavoro è finito e non c’è più niente da fare, oppure potrebbe continuare per sempre per una insoddisfazione che non si riesce a placare.
Ho lavorato molto su carta, sia per la grande passione per l’incisione ma anche perché talvolta qualcosa, magari un incontro oppure la visita ad una mostra o ad un museo mi spinge a riprendere la carta. Tre anni fa ad esempio, ho sviluppato, per motivi che mi restano oscuri, una vera ossessione per l’acquerello, dopo un abbandono abbastanza lungo. Paesaggi interiori, fantastici, astratti, per niente controllabili, come se un vento scuotesse la superficie del foglio; composizioni che mi suonano come musiche, quasi gli stessi temi, colori, forme che ricorrono con piccole variazioni. Ogni foglio di carta risponde in maniera diversa, porta dove vuole; regala in maniera inaspettata una luce intensa e subito dopo malignamente tradisce, negando la bellezza di una trasparenza che pareva scontata. E’un lavoro lieve ed elusivo, una ricerca di equilibrio, all’inizio incerto; ma che all’improvviso, per un’alchimia sconosciuta, mi appare.